Avere un piano di lavoro non significa avere una ricetta precisa; mi sarò espresso male ma non intendevo quello. È meglio che fare le cose a caso, ma ci sono troppe variabili in gioco, variabili che dipendono da persona a persona. Due esempi chiari di variabili soggettive sono le risposte che si ottengono dall’allenamento in termini di funzionalità, le risposte che si ottengono dall’allenamento in termini di crescita.
Io ad esempio devo pianificare il mio lavoro, perché ho un certo tempo in cui posso fare PE, per cui devo avere un piano. Se leggi il diario di Antanior ti puoi fare un’idea di come lui abbia un piano di lavoro preciso e schematico. Certo, è una persona con esperienza, ma l’esperienza se la è fatta attraverso la pratica, gli errori, la conoscenza della materia.
Un buon piano di lavoro è la routine di base, con gli accorgimenti di modularla in base alle personali risposte; spesso è consigliato di fare un po’ meno, soprattutto meno jelq, perché per molte persone fare 200 jelq all’inizio può essere troppo.
E non è bello leggere di persone che facendo troppo raccontano di problemi più o meno grandi che hanno avuto al pene, non è bello. Quindi un buon piano è iniziare con una routine di base modificata e in base a quello che si è detto prima aumentare gradualmente. Questo secondo me, ma riporto anche cose che ho letto davvero tante volte da persone che hanno anni di esperienza.
Per l’ultima domanda, ci sono persone con esperienza che dicono che per il comportamento del tessuto che è interessato nella crescita, tessuto connettivo, il parametro tempo sia più importante del parametro forza nel fare gli stiramenti. Quindi consigliano di aumentare la durata di ogni stiramento applicando una forza moderata (cioè non alta).