Messaggio originale di nemik
La conoscenza è fatta di sfumature graduali, non di tutto o niente. Per ogni passo avanti si rischia di farne uno indietro. Anche nel PE penso sia così, ecco perchè la maggior parte dei medici ancora non ne vuole sentir parlare, è ancora qualcosa di troppo empirico, e ha i suoi lati potenzialmente pericolosi.
Per i medici occidentali, ammettere che il PE funziona equivarrebbe a ammettere di avere detto un sacco di corbellerie per moltissimi anni o secoli.
Mi scuso per portare avanti quella che potrebbe sembrare una sterile polemica tra me e l’amico Nemick, in realtà approfitto di questo stimolante argomento per enfatizzare ciò che io ritengo l’anima più fondante della riuscita del PE, essendo questo fondamentalmente nemico delle nostre più profonde - ma non per questo concrete - convinzioni.
Sto parlando della difficilissima arte di credere in se stessi anche quando tutto sembrerebbe negarlo.
Sebbene l’aggettivo empirico contenga una vetusta accezione di estraneità al rigore scientifico, in quanto proveniente dall’esperienza e non dall’astrazione del puro ragionamento logico, è innegabile che qualsiasi esperimento statistico destinato a trasformarsi in legge scientifica o fisica, necessiti di un campione sufficientemente largo sul quale effettuare il numero di esperimenti empirici necessario a trasformare in scienza qualsiasi singola osservazione.
La legge fisica che descrive la Newtoniana caduta in testa della mela, si regge su dati empirici, come tutte la altre leggi scientifiche e cesserebbe di essere tale il giorno in cui una singola mela, invece di cadere sulla testa se ne volasse via, empiricamente.
Il giorno in cui l’acido desossiribonucleico cesserà di comporsi di catene polinucleotidiche formate da adenina, guanina, timina e citosina, legate tra loro da ponti disolfuro, Watson e Creek cesseranno di essere i padri della lettura del genoma umano ed i frammenti di Okazaki non saranno più importanti della funzione Cut and Paste di windows.
Una verità scientifica può dirsi tale solo quando è sorretta da solide basi statistiche, nonchè dal fatto che qualsiasi risultato statistico necessita di sufficienti valori empirici per essere validato.
Non sta a noi dire cosa fa bene o male ma apprendere dall’esperienza, ricordando che molti luoghi comuni sono solo un enorme pila di concime, essendo assai facile usare dati buoni per estrarne conclusioni errate.
Quando dimentichiamo che solo nel XVII° secolo il limite tra medico, mago e sacerdote era così labile da dover essere difeso a sun di roghi ed inquisizione, tanto che Leonardo da Vinci faticava ad effettuare i sui studi anatomici senza incappare nell’ira papale, facciamo a noi stessi un grave torto.
Specialmente in questo XXI° secolo, in cui - riposando sugli allori di pochi ed illuminati cervelloni che hanno portato a debellare la maggior parte dei mali conosciuti attraverso la scoperta (ineluttabilmente casuale) della penicellina, dell’acido acetil-salicilico, del cortisone e dei raggi X - i medici stanno regredendo alla propria originaria mansione di sciamani che, gettando le ossa in aria o leggendo le interiora di pollo, vaticinano il futuro ad una folla di preoccupati creduloni.
Io lascio che i medici mi ricuciano quando mi taglio o mi curino quando sono malato: non intendo farmi dire il futuro da nessuno, poichè questo è e sarà comunque mio: so che morirò e non intendo morire sano. Quando riporterò al Padre Eterno le mie stanche ossa, esse saranno talmente usurate che non resterà altro da fare che darle in concime a qualche pianta.
Ogni volta che mi viene detto che cosa sarebbe meglio per me, da qualche saccente dottoretto, cerco di ricordare quella Regina di Inghilterra che, dopo avere, insensatamente, fatto muro da sola alla follia nazista ed aver affrontato i bombardamenti della Luftwaffe su Londra, senza volersi muovere da casa sua per fare da esempio ai propri sudditi, morì di vecchiaia ad oltre cento anni di età, sorseggiando allegramente il suo immancabile Scotch Whisky.
Fanculo al salutismo del cazzo.